Correlato del consolidamento di nuove parole e ruolo dei ritmi corticali lenti
DIANE RICHMOND
NOTE
E NOTIZIE - Anno XV – 10 febbraio 2018.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di
studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
La ricerca sui correlati
cerebrali delle funzioni cognitive umane ha sempre un fascino conoscitivo
speciale, che va oltre la sua utilità potenziale in neurologia, perché può
fornirci indicazioni sulla sede e i modi in cui si realizza un aspetto della
nostra personale esperienza. Esclusivamente umano, poi, è tutto ciò che
riguarda la parola, ossia la capacità umana di pensare e comunicare mediante un
codice linguistico verbale. Per questa ragione, le neuroscienze applicate alla
psicolinguistica godono di un interesse diffuso, che va oltre gli ambiti di
studio specialistico.
Vi è solo il rammarico, al
riguardo, di un procedere più lento rispetto al rapido passo delle discipline
neurobiologiche di base. Infatti, da molto tempo si conoscono, ad esempio,
correlati elettrofisiologici della comunicazione verbale, ma la possibilità di
acquisire informazioni specifiche circa processi particolari, mediante le metodiche
e le tecniche attualmente in uso, si è rivelata più difficile del previsto.
Rilievi che non si prestano a facili interpretazioni ed eccessive differenze da
un cervello all’altro, costituiscono ostacoli spesso difficili da superare,
anche quando si cerca l’integrazione o la sintesi fra dati ottenuti con
metodiche diverse.
Nel corso degli anni,
l’elettroencefalografia e la magnetoencefalografia sono state ciclicamente
accantonate e poi rivalutate, per effetto di delusioni seguite da progressi
tecnici e di analisi dei dati che hanno portato qualche risultato di rilievo.
Oggi sono nuovamente impiegate nell’interessante campo della memoria verbale e,
nel lavoro di un gruppo olandese guidato da Bakker-Marshall, hanno portato
prima ad un risultato preliminare, pubblicato nel 2015, e poi alla definizione
di un preciso correlato del processo di consolidamento
mnemonico nell’apprendimento di nuove
parole, che è stato proposto in questi giorni dal Journal of Cognitive Neuroscience, prima
dell’edizione a stampa.
(Bakker-Marshall I., et al., Theta-band
Oscillations in the Middle Temporal Gyrus Reflect Novel Word Consolidation. Journal of Cognitive Neuroscience – Epub
ahead of print Feb. 2: 1-13, doi: 10.1162/jocn_a_01240, 2018).
La provenienza degli autori è
la seguente: Radboud Nijmegen University
(Paesi Bassi); Max Planck Institute
for Psycholinguistics, Nijmegen (Paesi Bassi);
Pennsylvania State University (USA).
L’apprendimento di nuove
parole, come accade nella formazione di altri tipi di memorie cognitive, è
caratterizzato da un periodo di consolidamento, che segue la fase di codifica
mnemonica della traccia percettiva e si verifica dopo l’esperienza. Uno studio
elettroencefalografico precedente ha fornito agli autori la traccia per cercare
il correlato di questa attività di consolidamento. Bakker-Marshall e colleghi
avevano infatti rilevato che il “recupero” di nuovi vocaboli, cioè il riportare
alla coscienza parole nuove, si accompagnava ad una particolare attività
cerebrale rilevata mediante EEG (elettroencefalogramma),
consistente in una maggiore attività elettrofisiologica nella banda theta, dopo il consolidamento[1].
Tale correlato suggeriva che
le oscillazioni nella banda di frequenza theta
possono riflettere un ruolo nella lessicalizzazione, ma lo studio non
dimostrava, né è stato dimostrato da altri successivamente, che tale attività
sia direttamente prodotta dalla formazione di rappresentazioni lessicali.
Allora, Bakker-Marshall, McQueen e colleghi hanno
specificamente condotto un’indagine mediante magnetoencefalografia (MEG) allo scopo di tentare di localizzare il
processo di consolidamento espresso dalle oscillazioni theta nel giro temporale
medio posteriore (pMTG, da posterior middle temporal gyrus)
di sinistra, una regione riconosciuta
quale sede di processi implicati nell’immagazzinamento di informazioni
lessicali.
L’osservazione sui volontari
ha fatto registrare che, sia le nuove parole non esercitate sia quelle apprese
immediatamente prima del test, evocavano nel pMTG
un’intensità theta più bassa rispetto
alle parole già presenti in memoria, durante la rievocazione. Dopo un periodo
di consolidamento di 24 ore, la differenza fra parole di nuovo apprendimento e
vocaboli del patrimonio lessicale dei volontari si riduceva significativamente,
e in maniera molto più evidente nel pMTG. L’entità
del decremento, dopo il consolidamento della memoria, era correlata con un
incremento nell’effetto di competizione tra le nuove parole e quelle caratterizzate
da una struttura verbale (spelling)
simile, appartenenti al patrimonio lessicale dei soggetti. Tale fenomeno
competitivo riflette l’integrazione dei nuovi termini nel lessico mentale dei
soggetti.
Questi risultati forniscono
una nuova evidenza che il processo di consolidamento
della memoria verbale aiuta lo sviluppo di rappresentazioni
lessicali mediate dal pMTG dell’emisfero
cerebrale sinistro. La sincronizzazione theta
potrebbe consentire l’accesso lessicale, facilitando la simultanea attivazione delle rappresentazioni distribuite semantiche, fonologiche ed ortografiche
che sono legate insieme nel pMTG.
L’interessante esito dello
studio di Bakker-Marshall, McQueen e colleghi è stato
possibile, come abbiamo visto, grazie alle precedenti osservazioni elettroencefalografiche.
Questo aspetto ci consente di ricollegarci all’acquisizione di nuove conoscenze
di neurofisiologia corticale ottenute mediante EEG e pubblicate in questi
giorni.
La struttura esalaminare della neocorteccia umana rappresenta un prototipo
strutturale e funzionale di importanza cardinale per comprendere sia
l’organizzazione neurofisiologica di una parte essenziale del nostro cervello,
sia il senso di quello straordinario fenomeno evoluzionistico rappresentato
dall’espansione della corteccia cerebrale, che Haldane
definì il più rapido cambiamento dell’evoluzione animale[2]. È
stato ipotizzato che l’integrazione dell’attività fra le aree corticali sia
mediata anatomicamente da connessioni associative terminanti negli strati
superficiali, e fisiologicamente dai ritmi corticali lenti. Questa ipotesi,
basata su numerose evidenze, è estesamente condivisa, ma finora non sono stati
definiti i mezzi attraverso cui anatomia e fisiologia neocorticale
interagiscono per coordinare l’attività neurale. Halgren
e colleghi hanno studiato, in 19 volontari, l’attività EEG mediante
microelettrodi laminari, ottenendo dati di notevole interesse.
(Halgren M., et al., Superficial Slow Rhythms Integrate Cortical Processing in Humans. Scientific Reports – Epub ahead of print 8 (1): 2055, doi: 10.1038/s41598-018-20662-0, Feb. 1, 2018).
Delle numerose
istituzioni scientifiche riportate si citano
le seguenti: Department of Neurology, Epilepsy
Division, Massachusetts General Hospital, Harvard Medical School, Boston, Massachusetts
(USA); Epilepsy Centrum, National Institute of Clinical Neurosciences, Budapest
(Ungheria); Institute of Cognitive Neuroscience and
Psychology, Research Center for Natural Sciences, Hungarian Academy of Science,
Budapest (Ungheria); Comprehensive Epilepsy Center,
New York University School of Medicine, New York, NY (USA).
Gli autori dello studio hanno
rilevato che la massima parte dell’attività EEG è al di sotto dei 10-Hz
(delta/theta) ed è generata dagli strati superficiali della corteccia, sia durante
la veglia che nel sonno. Le registrazioni mediante la griglia di superficie
corticale, la griglia laminare e la bi-laminare dimostrano che questi ritmi
lenti sono sincroni all’interno degli strati superiori per aree molto estese
della corteccia cerebrale. La fase di questa attività superficiale lenta è
resettata da stimoli infrequenti e accoppiata all’ampiezza delle più rapide
oscillazioni e attivazioni neuroniche attraverso tutti gli strati.
I rilievi di questo studio
supportano la tesi di un ruolo primario dei ritmi
lenti superficiali nella genesi
dell’EEG e nell’integrazione della
neurofisiologia della corteccia cerebrale.
I metodi elettrofisiologici,
dunque, continuano a fornire il loro contributo nel progresso delle conoscenze
in campi differenti tanto quanto il funzionamento intrinseco della corteccia e
il consolidamento delle memorie verbali.
L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e
invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E
NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
La Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.
[1] Bakker I., Takashima A., van
Hell J. G., Janzen G. & McQueen J. M., Changes in theta and beta
oscillations as signatures of novel word consolidation. Journal of Cognitive Neuroscience 27, 1286-1297, 2015.
[2] L’espansione del volume cerebrale da Australopithecus (450 cc. di capacità cranica) a Homo habilis (600 – 775 cc.) è stato calcolato che si sia verificata in un periodo che va da un milione a 1,25 milioni di anni, ossia da 75.000 a 125.000 generazioni. Un intervallo temporale simile è intercorso fra Homo habilis ed Homo erectus (fino a 1225 cc.).